Esce finalmente (covava da tempo nei nostri appunti) un’intervista esclusiva a due volti doc della nostra realtà parrocchiale, Silvia e Letizia, che nel lontano 2007 cominciarono la loro esperienza come bariste all’oratorio.

Tutta da leggere…! Anche se siete sotto l’ombrellone. Buon periodo estivo.

Tutto nasce da un bisogno: nella primavera del 2007 il don di allora, don Fabio Verga, comincia a far diventare un appuntamento amato le domeniche comunitarie che permettono alle famiglie di trovarsi in oratorio, a condividere il pranzo e poi il pomeriggio con giochi, preghiere e altro. Un momento di scambio fondamentale che richiede il supporto del bar; mancano però i baristi ed ecco che Silvia e Letizia, seguendo un po’ l’esempio tracciato da Giovanna e Susanna, si buttano in quest’avventura.

Seguono gli apericena e il gruppo si allarga: Rinaldo e Marisa, sempre presenti, Tecla e poi Lorenza.

“Non è stato facile all’inizio conciliare tutto – ammette Silvia – avevo il mio secondo figlio, Cesare, che era piccolo (3 anni) e aveva bisogno che io lo seguissi molto, così quando mi toccava il turno al bar me lo portavo dietro! È cresciuto in oratorio. Letteralmente!”

Qualche tempo dopo anche Francesca si fa coinvolgere, affascinata da questo bel modo di stare insieme. Nasce tra le bariste una bella amicizia.

Un’occasione per scoprire la comunità”, sottolinea Letizia, “una bellezza di rapporti umani che si rafforzano, un rito della domenica, un aiuto per crescere i figli, un’energia contagiosa”.

Testimoni, ecco come appaiono ai miei occhi, Silvia e Letizia: sono diventate loro stesse testimoni del bello che hanno visto testimoniato.

“È come avere un’altra famiglia; per noi venire al bar è imparare l’accoglienza e capire che davvero si riceve donandosi”

Il gruppo è cresciuto: oggi ci sono Maura, Sara, Tullia, Massimiliano, Andrea, Vincenzo e altri che sto dimenticando di citare e che mi vorranno perdonare.

Un servizio, in fondo, che è possibile fare con gioia se è fatto seguendo Colui che per primo si è messo a servire.