Forse è passata un po’ sotto silenzio da parte dei media la lettera che Papa Francesco ha scritto ai preti di tutto il mondo lo scorso 4 agosto nella memoria liturgica del Santo Curato d’Ars, che dei nostri sacerdoti è appunto il patrono.

Una lettera lunga, appassionata e bellissima.

Per chi ha la pazienza di leggerla, trova in fondo a questo articolo la versione integrale.

Il Papa incentra la sua riflessione attorno ad alcune parole chiave: dolore, gratitudine, coraggio, lode.

Vediamole una ad una.

Il dolore è quello che il Papa prova per i casi di fratelli vittime di abusi di potere, di coscienza e sessuali da parte di ministri ordinati. Tempo di sofferenza per le vittime, per le loro famiglie, ma anche per tutto il popolo di Dio.

Poi rende grazie per il sì che ogni sacerdote ha detto un giorno preciso nella storia e che perpetua ogni giorno. Un sì la cui portata ha e avrà una trascendenza insospettata; molte volte non saremo in grado di immaginare tutto il bene che è stato ed è capace di generare.

Eterna è la misericordia del Signore e il Papa non si stanca di ripeterlo a tutti i sacerdoti del mondo!

Li invita quindi ad avere coraggio, a non perdersi d’animo perché Dio ci fa ricominciare sempre, guarisce il nostro cuore ferito, ci restituisce la gioia.

Per mantenere il cuore coraggioso serve curare il legame con Gesù, dimorare in Lui, come la vite e i tralci.

E poi un consiglio, che riguarda anche noi: “aumentate e nutrite il vincolo con il vostro popolo. Non isolatevi dalla vostra gente, non rinchiudetevi in gruppi chiusi o elitari.”

Dovete “essere in uscita, camminando a volte davanti, a volte in mezzo, a volte dietro“.

Davanti, per guidare la comunità.

In mezzo, per incoraggiarla e sostenerla.

Dietro, per tenerla unita e far sì che nessuno resti troppo indietro!

Infine la lode. Intonare il canto di lode a Dio, come Maria, che non ci fa mai mancare il vino nella vita e ci aiuta a suscitare la speranza nei nostri fratelli.

Papa Francesco lettera ai presbiteri 2019 – Scarica

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Riportiamo l’ultimo dei saluti “ufficiali” che è stato letto domenica 31 marzo, nella Messa di saluto a don Fabio Coppini. È don Armando che scrive, il prevosto della Comunità Pastorale.

Un prete va, un prete viene. Un prete è sempre un prete. Giusto, bravi. Bell’atto di fede! Pensavo anch’io così da giovane. E ce la mettevo tutta quando cambiava il prete nel mio oratorio per fare questo “atto di fede”…!

Poi il prete lo guardi in faccia, ci parli, ti confidi, addirittura ti confessi e …non è più il prete , ma quel prete lì, preciso, unico, …lui!

All’inizio ti dici che non cambia niente, ma invece cambia. Hai paura della novità. Poi la paura passa e la novità ti incuriosisce, ti attira. Ora c’è don Luca.

Certo, alla notizia di un cambio di prete, negli anziani subentra la stanchezza: “Devo ricominciare da capo, quello mi conosceva…adesso devo raccontargli ancora tutta la mia vita… Lunga!”

Poi va a finire che ti piace quel che dice, quel che fa, quel che è… ti affezioni, ti leghi, e anche quel nuovo prete ti fa bene e (tu non lo sai), ma anche tu fai bene a lui! Bello! Un prete nuovo! Da don Fabio a don Luca!

Grazie, vescovo Mario che, portandocelo via, ci lasci di don Fabio il sapore di una spremuta buona e forte.

Una spremuta di prete, di cristiano,… di uomo! Grazie che ci mandi don Luca per…una nuova spremuta di vita.

Grazie, Signore, per questi tratti di vita insieme!

don Armando

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