Abbiamo ascoltato ieri la testimonianza dei genitori di Marco Gallo, tragicamente scomparso all’età di 17 anni il 5 novembre 2011.

Ci hanno restituito l’immagine di un ragazzo appassionato della vita, anche audace nelle scelte e nelle esperienze che decideva di intraprendere. L’audacia gli arrivava dal poggiare la sua forza e la sua vita sulla presenza e sull’amore di un Altro, di Gesù.

Era attento ai fatti che gli succedevano, non come frutto del caso, ma come occasioni per coinvolgersi nella vita, per capirne il significato e il nesso con l’infinito. Un cuore aperto, uno sguardo spalancato sulla realtà. Senza censurare nulla.

E in tutto quel che faceva era libero, non perché tutto si può fare, ma perché era in compagnia del Signore. Un cuore teso e alla ricerca, libera, di qualcosa di abbastanza grande da soddisfare la vita.

Una vita che in quei brevi anni gli era diventata una cosa appassionante, perché tutta dentro la sapienza del Mistero di Dio. “Solo dal mistero io dipendo”, come ebbe a scrivere.

Continua a leggereOgni giorno scegli tu dove guardare

Eran partiti da terre lontane: in carovane di quanti e da dove?

Sempre difficile il punto d’avvio, contare il numero è sempre impossibile.

Lasciano case e beni e certezze, gente mai sazia dei loro possessi, gente più grande grande, delusa, inquieta: dalla Scrittura chiamati Sapienti! Le notti che hanno vegliato da soli, scrutando il corso del tempo insondabile, seguendo astri, fissando abissi fino a bruciarsi gli occhi del cuore!

Naufraghi sempre in questo infinito, eppure sempre a tentare, chiedere, dietro alla stella che appare e dispare, lungo il cammino che è sempre imprevisto.

(…) La lunga strada che hanno percorso, coperti i piedi e le vesti di fango! (…)

Molti dicevano al loro passaggio: “Eccoli i folli, che inseguono il vento!”(…)

Ma chi ancora rifà quella strada per adorare un bambino in silenzio ?

Magi, voi siete il segno che Dio mai abbandona chi segue la stella, che Dio è dentro e cammina con noi, e le sue vie non son queste vie! (D.M.Turoldo)

Continua a leggereEran partiti da terre lontane..

La Quaresima prosegue e oggi vi offriamo una riflessione attorno al dipinto Incredulità di Tommaso (1601), del Caravaggio; noi siamo quel dito conficcato dentro il costato di Gesù.

Guardate la luce, che è concentrata sui volti e irrompe dall’alto irradiando il corpo di Gesù. E poi rimbalza sul volto dei 3 discepoli.

La ferita del costato è come un varco che raccoglie la sorgente misteriosa della luce.

Una finestra aperta.

Tommaso, lo spavaldo; quello che, quando compare la prima volta nel Vangelo (Gv, 11,16) dice “Andiamo a Gerusalemme a morire con lui”.

Due capitoli dopo, (Gv 14, 1-5), ha già perso la strada “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”

La sua sicurezza è già in discesa.

Si arriva infine al cap. 20, sempre Vangelo di Giovanni.

Tommaso fa la figura dell’empirista, che se non vede e non tocca, non crede.

Il dito che dipinge Caravaggio è il dito dell’uomo che vuole entrare nel cuore di Dio. Tommaso non era con gli altri apostoli quando Gesù era apparso la prima volta.

Non era con loro …non vuol dire solo che era assente.

Non era con loro in senso più ampio indica che Tommaso era un po’ tornato al suo lavoro, alla sua casa; si era dissociato, si era allontanato da quella realtà.

Era stato bello stare con Gesù, ma ora…Che rimpianto!

8 giorni dopo Tommaso c’è. Tornato? E tocca il fondo “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.

Vuol vedere e toccare se è risorto il Crocifisso, proprio quell’uomo lì.

E Caravaggio cosa fa? Mostra una mano (di Gesù) che prende la mano di Tommaso (la tua, la mia, la mano di ognuno di noi) e la introduce nello squarcio del suo cuore ferito: la tua mano, la mia, non saprebbe in che direzione andare, il mio dito …vorrebbe mettersi in tasca il mistero.

Come se volessimo insegnare noi a Dio come deve agire da Dio. Dio a nostra immagine.

La Pasqua non è un optional, è l’azione che rivela chi è Gesù.

Colui che ci ha amati fino alla fine (in greco fine è telos, che non è solo fine – della vita- ma è anche fine, meta, traguardo).

E questo squarcio è ciò che dà significato a tutto, nella nostra vita!

Nel lavoro, negli affetti, nella dedizione agli altri, nell’impegno di volontariato, in quello politico o sociale… la vita che conta è quella che si vede e si riceve da quella ferita!

E c’è bisogno pure della mano di Gesù che accompagna …perché noi fissiamo lo sguardo, aggrottiamo la fronte, abbiamo un supplemento di attenzione, di tensione, di ricerca.

 

NB. Alcuni storici dell’arte hanno notato che la mano di Gesù sembra ‘copiata’ dalla Creazione di Michelangelo, dipinta nella Cappella Sistina. Ma non è la copia della mano di Dio che con un soffio crea Adamo (e le dita dei due arrivano quasi a sfiorarsi). Caravaggio prende a modello la mano di Adamo! Come a dire che è attraverso i testimoni, attraverso la Chiesa …che noi arriviamo a Gesù. E la mano dipinta ha un che di delicato; Dio non forza la nostra libertà, piuttosto ci invita, come un tocco gentile!


 

Continua a leggereCon il dito di Tommaso (…noi siamo quel dito!)

Foto dalla Terrasanta. A commento, il verso di un canto: “Scoprirai allora il cielo dentro di te, una scia di luce lascerai”.

Secondo noi, la foto più bella. Forse, l’ora più bella del giorno. Il tramonto, in cui il sole, prima del suo commiato, ci rivolge ancora una volta lo sguardo.

Siamo tentati di andare a riposare. In fondo, abbiamo fatto il nostro lavoro, che altro?

Il richiamo è di stare attenti: dopo che abbiamo vissuto esperienze molto belle, non basta archiviare il tutto.

Non si può mettere in tasca il mistero.

Occorre sempre rifare il cammino.

Abbiamo e avremo ancora bisogno di quel sole, della Luce di Cristo, per fissare lo sguardo, avere la giusta tensione del  cuore …per lasciare anche noi una scia di luce.

Continua a leggereAl tramonto: non si può mettere in tasca il mistero