Chi o cosa cercavamo non c’è più o non sarà più come lo cercavamo, o come lo avevamo conosciuto.
Il sepolcro vuoto tuttavia, non scarta, anzi ci suggerisce, la possibilità di qualcos’altro, di cui ancora non sappiamo – che proprio quel vuoto ci dice che potrebbe essere.
Ma non è al sepolcro che lo si risolve. Quella mattina, ci dicono i Vangeli, le donne ‘abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande’, corrono altrove, dagli amici.
Confuse e però rimesse in movimento. Vanno dagli amici per raccontare loro quello che hanno visto, o meglio, quel che non han trovato.
La Chiesa ci fa compagnia davanti a questo sepolcro vuoto. Il vuoto è il segno della resurrezione. Il movimento nel mondo è ciò che – ieri alle donne, oggi a noi – ci è chiesto.
Qui sotto anche l’informatore unico per tutta la comunità, con le indicazioni per vivere questo periodo.
Questo mese d’ottobre il nostro arcivescovo ha pensato per noi ad una lettera speciale. Ottobre è il mese che di solito la Chiesa dedica al tema della missione; quest’anno ancora di più tanto che il Papa stesso ha indetto un Mese Missionario Straordinario.
Il Papa ci richiama ad una conversione missionaria perché “noi non abbiamo un prodotto da vendere, ma una vita da comunicare. Dio, la sua vita e il suo amore di misericordia.”
Nella lettera Delpini dice tre cose fondamentali.
La missione è obbedienza all’incontro che abbiamo fatto con Gesù, risorto, vivo, amico.
La missione non è impresa solitaria: ha la sua radice nella comunione, è praticabile da una fraternità.
Ogni situazione e contesto di vita familiare, professionale o altro può diventare occasione per condividere la visione del mondo che ha quel riferimento irrinunciabile a Cristo.
Incontro padre Franco Legnani in questi giorni di festività e nel discorrere dei tanti anni che egli ha passati in Cambogia, mi accorgo che la questione vera al fondo della missione è la fede. Ancora una volta!
Mimetto in ascolto…
L’ORIGINE
La vocazione missionaria arriva per Padre Franco quando il suo cuore, di giovane tecnico lanciato nel mondo del lavoro, prende sul serio la domanda sul “dove va questa mia vita?”. La risposta viene a poco poco e le esperienze di amici in terra di missione intercettano in modo definitivo la sensibilità e l’attenzione verso chi ha bisogno, già presenti in lui come propensione del carattere.
Si avvicina alla fede in modo più consapevole e resta affascinato da Cristo. Una scoperta così bella per la sua vita, al punto che nasce il lui il desiderio di farlo conoscere a tutti. Una testimonianza radicale. Entra in seminario (corre l’anno 1986) e pochi anni dopo diventa sacerdote missionario del PIME.
LA MISSIONE (E LE SCOPERTE…)
Parte per la Cambogia nel 1992 e vi resterà 20 anni. Lì, in mezzo a buddisti e fedeli di altre religioni (i cristiani restano una minoranza), arrivano tante scoperte, ma su tutte la più importante è la bellezza della fede.
L’approfondimento di “quanto è bello il mondo e quanto è grande Dio”.
Un Dio che ti fa fare un cammino, ma dove non sei solo. Lui ti accompagna e ti dà forza.
Gli incontri con la gente, che vive sparsa in villaggi anche difficili da raggiungere, diventano una continua provocazione.
L’accoglienza che riceve da parte di persone bisognose di tutto gli allarga il cuore e lo fa sentire davvero prete di tutti, anche di buddisti, induisti, ecc.
Si sente modellato dall’umanità di Cristo, da ciò che può incontrare grazie alla fede. Ogni incontro ha su di lui l’effetto della creta lavorata dal vasaio.
PUNTO DI VISTA SULLA MISSIONE
Il nostro incontro è quasi finito. Gli chiedo cosa ne pensa di come viene presentata e vista la missione, oggi, nelle nostre realtà.
E sono io ad essere provocata. Prima della missione, prima dei tanti aiuti, materiali e non che possiamo pensare di attivare, urge ripartire dalla fede. Riscoprire la bellezza dell’essere figli di Dio, riscoprire Cristo. Solo da qui nasce l’impegno per il mondo. Dal Signore ai fratelli, dai fratelli al Signore. Andata e ritorno.
La missione è il cuore della Chiesa, un cuore che batte solo per chi è scaldato dal Signore.
La chiacchierata con Padre Franco è un riscoprire la bellezza dell’incontro.
Don Fabio, Giulio e Francesca sono stati protagonisti, qualche settimana fa, di un viaggio in Africa. Destinazione Kinshasa, capitale del Congo, ospiti della missione avviata da tempo da mons. Antonio Barone.
Questo prete ha un’intuizione grande: si rende conto che in un Paese così povero, non c’è solo l’emergenza alimentare e sanitaria, ma anche una povertà culturale.
È così che crea un centro che faccia crescere ragazzi e giovani da un punto di vista umano, intellettuale e spirituale, che oggi è il Foyer Universitario St Paul a Kinshasa.
Qui, due preti e un gruppetto di laici del COE (Centro Orientamento Educativo), aiutati da mons.Barone, accolgono bambini, adolescenti ed universitari, per accompagnarli in un percorso di crescita e di studio.
La missione non è mandare soldi o aiuti materiali in Africa, neppure comprare un manufatto artigianale di quei Paesi, la missione è anzitutto questione di fede.
Don Fabio, nel suo andare, ha scoperto/riscoperto il volto buono di Gesù, anche nelle pieghe del continente africano.
Cosa porta a casa?
La conferma (e ancora e sempre la sorpresa) del fatto che il cristiano abbraccia tutto. Tutto e tutti.
Il foyer accoglie circa 170 persone, che vanno dai bambini agli universitari, ammessi purché siano poveri, intelligenti e cristiani. Fanno un test e un colloquio individuale. Si investe su di loro.
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, la frase che accoglie chi arriva al centro.
I ragazzi cantano, pregano, con una bellezza incredibile. Studiano, cercando l’eccellenza. Hanno sogni, speranze. Spesso sono “figli del cielo”, quando sono stati raccolti dalla strada.
Per la nostra comunità questa testimonianza è un segno grande di Colui che arriva “fino ai confini della terra” attraverso noi cristiani.
Che il nostro cuore e la nostra mente, crescendo nella fede, sappiano davvero abbracciare tutto e tutti.
Con quale autorevolezza di Padre ha parlato il Papa nel suo recente viaggio in Myanmar e Bangladesh!
A tal punto che questa volta vi regaliamo l’omelia completa della Messa che ha celebrato il 30 novembre nella Cattedrale di Saint Mary, che trovate qui sotto.
In ogni tempo, il Signore ci chiama ad essere testimoni autentici, ma se pensiamo al Vangelo “in che modo il Signore manda Sant’Andrea e suo fratello Simon Pietro? «Seguitemi», dice loro (cfr Mt 4,19). Ecco cosa significa essere inviati: seguire Cristo, non precipitarsi in avanti con le proprie forze!”
L’invito è per tutti, non solo per i giovani. Qualunque sia la nostra vocazione: “siate coraggiosi, siate generosi e, soprattutto, siate gioiosi!”
Padre Ibrahim, in un passaggio del suo racconto su Aleppo e su quanto la Chiesa sta facendo, quasi senza sottolinearlo troppo:
“È sempre un Altro che guida la storia, al massimo si serve della mia disponibilità.”
Solo se si comprende questo, è possibile restare in una terra così martoriata, dalla vita resa difficile da tutto, a cominciare dalla mancanza di acqua ed elettricità.
Padre Ibrahim e i suoi confratelli sono là, concreto esempio della Chiesa in uscita di Papa Francesco, non perché eroi, votati al sacrificio.
Sono là, volto della Chiesa che – madre – protegge i suoi figli, perché certi che Dio è con loro. Essi devono (solo!) dire di sì e lasciare che la loro vita sia trasformata, lavorata, dall’incontro con quella gente.
“Abbiamo bisogno di loro, del povero, perché, prima dell’aiuto che possiamo loro dare, esso aiuta noi, ci aiuta a crescere in umanità.”
Ecco la posta in gioco.
Che va oltre lo stile di Francesco e di un carisma che è in quella terra da 800 anni e che li richiama certo a un ‘di piu’ di responsabilità.
Come nella parabola dei talenti, ognuno di noi è talento di Dio per gli altri. L’altro che è compagno, amico, collega, ecc. Possiamo dirci l’un l’altro: sei tu il mio talento! E scommetterci.
Se siamo guardati con amore, diventiamo capaci di amore. Da qui fiorisce la vita.
Padre Ibrahim si è fidato della promessa di Dio e ha sperimentato l’addizione che Lui permette: l’oratorio feriale per i ragazzi, e i numeri che crescono in modo esponenziale; la cura degli sposi, l’attenzione per i fidanzati, l’impegno per la ricostruzione materiale delle case…
(Padre Ibrahim Alsabagh, francescano e parroco della Cattedrale Latina di Aleppo ha tenuto una testimonianza a Saronno, presso Casa di Marta, in via Piave, lunedì 20 novembre 2017)