A Villa Visconti Litta di Lainate è possibile visitare fino al 13 gennaio prossimo la mostra “La bellezza ritrovata”, una raccolta di fotografie scattate da Charley Fazio, un viaggio alla scoperta della poesia e della luce dei bambini rifugiati siriani al confine turco.

”La bellezza ritrovata – a shot for hope”, come dice il titolo per intero, vuole dare un messaggio di speranza in una terra, quella di Siria, sconvolta dalla guerra. Tre milioni di bambini siriani, (secondo le statistiche ufficiali) nella loro vita, non hanno conosciuto altro che la guerra, l’orrore. Killis, la zona visitata dal fotografo, capoluogo dell’Anatolia sud orientale, in Turchia, dista solo 5 km dal confine con la Siria ed è diventata la prima fermata della lunga marcia dei profughi in fuga dall’orrore. Qui oltre 60.000 siriani sono raccolti in due campi di accoglienza e altri 40.000 vivono sotto la città, in vecchi scantinati o garage abbandonati.

Il fotografo Charley Fazio sceglie di rendere grazie al dono della vita anche in questo angolo dimenticato della Turchia. Accolto dai sorrisi dei bambini, cambia prospettiva di appartenza. Il loro futuro è diventato un po’ anche il suo, i suoi personali traguardi risiedono – racconta egli stesso – in quei piccoli piedi che gli corrono incontro.

E gli hanno fatto scoprire la bellezza. Anche nelle case distrutte, violate. La bellezza non se ne è andata via. Un filo di gioia attraversa ancora questi volti.

La bellezza dei bambini è il desiderio di sperare ancora che hanno dentro, è la loro capacità di entusiasmarsi. È la pulsione della vita insita in ogni fanciullo.

Questi scatti diventano memoria della bellezza, della gioia possibile, anche in un luogo difficile come Killis.

E questa bellezza arriva ad attraversare pure noi, che guardiamo; ci attraversa nel profondo.

Ieri, 1º gennaio 2019, abbiamo pregato per la pace nel mondo. Ricordiamoci anche del dramma della Siria.

E chi vuole, oltre alle mostre dei presepi, in queste vacanze natalizie,  può visitare la mostra presentata.

A Villa Visconti Borromeo Litta, Lianate (MI), feriali 10.00 – 12.30 e 16.00 – 18.00. Festivi e prefestivi 10.00 – 12.30 e 15.30 – 18.30. Ingresso gratuito.

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Aperta da ieri, presso Casa di Marta, la mostra “Come mangiavano in trincea” che presenta le fatiche – e l’ingegno– dei nostri soldati, nella guerra del 1915-18, per poter mangiare e aver la forza di combattere.

Un’iniziativa di cultura, dentro alla proposta “Cibo & Carità”, che dal mese di ottobre ci sta offrendo modalità diverse per riflettere sul bisogno alimentare e su ciò che sostiene l’uomo, nel corpo e nello spirito.

E proprio lo spirito, lo stato d’animo dei soldati è ben espresso nelle due poesie lungo il percorso della mostra, due celebri opere di Ungaretti.

Il poeta, volontario in guerra sul fronte italiano e francese, come soldato semplice, vive da vicino l’esperienza della morte, vedendo tanti, colpiti dal fuoco delle mitragliatrici, cadere morti come le foglie in autunno (Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie).

Ma tutto questo non lo annienta, anzi gli fa amare ancora di più la vita.

L’uomo non si può accontentare di soddisfare un bisogno fisico, altrimenti sarebbe una bestia.

Il cuore aspira all’infinito.

Lo dice bene in “Veglia”, riprodotta in mostra.

Un’intera nottata
Buttato vicino
A un compagno
Massacrato
Con la bocca
Digrignata
Volta al plenilunio
Con la congestione
Delle sue mani
Penetrata
Nel mio silenzio
Ho scritto
Lettere piene d’amore

Non sono mai stato
Tanto
Attaccato alla vita.

Consigliamo a tutti una visita, invitando soprattutto i più giovani.

La mostra resta aperta il fine settimana, 10-11 novembre e 17-18 novembre, dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.30.

Ingresso libero.

In settimana visite su prenotazione al n. 02 962 01 87.

Qui sotto una breve gallery

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Testimonianza di Giordano, che ha partecipato alla serata organizzata da Avsi Saronno per spiegare il progetto “Ospedali aperti”.

“Mi ha colpito il fatto che l’oratore ha chiarito che le ONG considerano evidentemente fuori portata l’obiettivo di fermare la guerra, ma non rinunciano a tenere desta la speranza, ricreando spazi limitati ma concreti di normalità. Scuole materne in cui i piccoli vivano per qualche ora sereni, ospedali che tentino di guarire i sofferenti e li seguano dopo il ritorno a casa, che spesso è una tenda o lo scheletro di palazzi privi ormai di infissi, impianti elettrici e sanitari, ecc.
“Ospedali Aperti” nasce a fine 2016 nella testa e nel cuore del card. Zennari che ha l’intuizione di rimettere in funzione 3 strutture ospedaliere non profit (2 a Damasco e 1 ad Aleppo), proprietà di congregazioni religiose, rimaste miracolosamente intatte e fortemente sotto-occupate in un Paese in cui il 50% degli ospedali e del personale sanitario è venuto meno, distrutti i primi, riparati all’estero i secondi.
Zennari rischia e si muove per trovare i mezzi finanziari ad organizzare un servizio gratuito aperto a tutti senza distinzioni di etnia, religione, appartenenza “politica”, purché bisognosi.

Egli affida a Fondazione Avsi il ruolo di supporto tecnico al progetto e la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli contribuisce, come partner scientifico/sanitario, offrendo formazione e sostegno economico. L’obiettivo è di curare almeno 40.000 persone in tre anni (equivalenti a circa 202.000 giorni di ricovero gratuito), dando precedenza ai più deboli. La macchina si mette in moto il 1° luglio 2017.

A fine gennaio 2018 si contano 1.360 pazienti presi in carico e curati gratuitamente, con una prevalenza di interventi chirurgici rispetto agli esami diagnostici e alle prestazioni ambulatoriali.

Una convinzione è maturata dall’esperienza: il nemico è uno solo, la guerra.

L’unico modo per cercare di prevenire che ne scoppi un’altra dopo la fine di questa è non lasciare sul terreno semi di discordia. Perciò chi opera è rigidissimo nell’offrire quel poco che può in modo non discriminante: si curano tutti quelli che incontrano, sunniti, sciiti, protestanti, cattolici, siriani, stranieri, governativi, ribelli vari.
Questo progetto è un segno di speranza per una popolazione civile che paga il prezzo più alto di una violenza senza tregua”.

Per qualche notizia in più e per fare una donazione: https://www.avsi.org/it/campaign/siria-ospedali-aperti/1/

 

 

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