Con questo secondo post, completiamo le riflessioni sulla 1ª lettera pastorale dell’arcivescovo.
Se nel primo capitoletto egli spiega nell’oggi il cap.21 dell’Apocalisse, nei successivi scrive di ciò che gli sta a cuore per la Chiesa di Milano.
Chiede a tutti di “appassionarsi alla vocazione ad essere pietre vive” della Chiesa e sottolinea che “la vita cristiana non è percorso solitario, non l’iniziativa personale, ma il convergere nella città“.
Tra le priorità indica la liturgia: “azione che dà forma alla fede“, non rito e basta ma “condizione perché il celebrare sia alimento per il vivere”.
E richiama alla responsabilità di “testimoniare una fede che diventi cultura, proponga una vita buona, desiderabile per tutti”.
I cristiani non possono sottrarsi al compito di “praticare il discernimento” nel mondo e nella società in cui vivono, altrimenti non saranno mai il sale della terra, nè il lievito che fa fermentare la pasta.
Il nuovo skyline di Milano, con i suoi grattacieli, chiama i cristiani a raccogliere la sfida di declinare in modo nuovo il tesoro della tradizione ambrosiana