L’arcivescovo Delpini a pochi giorni dall’apertura delle scuole ha mandato un videomessaggio a tutti gli insegnanti, sottolineando 3 aspetti:
La comunità cristiana conta sugli insegnanti, perché “testimoniate che vale la pena diventare adulti” e vi dà la sua stima e la sua fiducia.
La comunità cristiana dice “coraggio” a tutti gli insegnanti, perché in questa ripartenza piena di regole, di vincoli, possano vincere l’ossessione dei protocolli e guardare agli studenti e alla singolarità della loro crescita.
La comunità cristiana è alleata della scuola, è accanto ed esprime simpatia per coloro che hanno a cuore il bello, il buono, il vero bene comune. Alleata per rendere desiderabile il futuro.
“Preghiamo e contiamo su di voi, cari insegnanti, perché la cultura, l’educazione è il vero investimento irrinunciabile.”
“Perché il mondo creda” è il motto che hanno scelto i 23 nuovi sacerdoti che l’Arcivescovo Delpini ha ordinato questa mattina in Duomo (di solito l’ordinazione dei preti novelli avviene alla metà di giugno, ma quest’anno a causa del coronavirus e delle misure imposte di lockdown la cerimonia era stata spostata in settembre).
Un’ordinazione attesa con trepidazione, segnata da una prova- quella dal tempo della pandemia – proprio all’inizio del loro cammino di sacerdoti tra la gente, chiamati ancora di più ad essere testimoni, perché il mondo veda e creda.
Che il loro motto possa davvero essere l’augurio di tutti noi!
“Dico, dunque, a tutti voi: siate fiori che cantano, irradiate la gioia perché il mondo sta morendo di tristezza.
Contrastate con il contagio della gioia il contagio del virus e di ogni male.
Siate fiori che colorano la terra: svegliate la bellezza che si è assopita sotto la coltre del grigiore. Fate risplendere il bello che c’è in ogni uomo e in ogni donna.
Siate fiori che profumano: diffondete il profumo di Cristo, che rende desiderabile abitare insieme, sedersi a mensa e dare vita ad affetti più intensi e alle amicizie più vere.
Questo mese d’ottobre il nostro arcivescovo ha pensato per noi ad una lettera speciale. Ottobre è il mese che di solito la Chiesa dedica al tema della missione; quest’anno ancora di più tanto che il Papa stesso ha indetto un Mese Missionario Straordinario.
Il Papa ci richiama ad una conversione missionaria perché “noi non abbiamo un prodotto da vendere, ma una vita da comunicare. Dio, la sua vita e il suo amore di misericordia.”
Nella lettera Delpini dice tre cose fondamentali.
La missione è obbedienza all’incontro che abbiamo fatto con Gesù, risorto, vivo, amico.
La missione non è impresa solitaria: ha la sua radice nella comunione, è praticabile da una fraternità.
Ogni situazione e contesto di vita familiare, professionale o altro può diventare occasione per condividere la visione del mondo che ha quel riferimento irrinunciabile a Cristo.
Dalla seconda parte del messaggio dell’Arcivescovo per la festa dell’Oratorio.
Ci sono quelli che corrono per tenersi in esercizio: non vanno da nessuna parte, ma ogni giorno dedicano del tempo a correre.
Lo stesso percorso, la stessa gente..e poi si stancano.
Ci sono quelli che corrono per allenarsi. Accettano la fatica, si preparano alla corsa, alla partita, ma poi se non sono convocati si arrabbiano.
Infine ci sono quelli che corrono perché hanno una meta, un luogo dove sanno di essere attesi. Non vogliono arrivare tardi alla festa.
La meta non è un risultato, un successo; la meta è dove è bello stare. È l’amicizia che merita di essere coltivata, la vita che merita di essere vissuta.
Ammiro coloro che credono che l’oratorio e la proposta educativa cristiana abbiano delle risorse straordinarie.
I ragazzi di oggi sono come quelli di ieri, un terreno promettente che attende un seminatore per produrre molto frutto.
Alcuni stralci dal messaggio dell’Arcivescovo Delpini per le feste degli oratori che si stanno svolgendo in queste settimane.
Hai preso le scarpe? Perché ? Ci sono quelli che comprano scarpe solo perché ci sono i saldi, erano quasi gratis, fa niente se non sono mai andati in montagna.
Hanno le scarpe coi tacchetti per il calcio, ma non hanno ancora deciso se iscriversi a calcio.
Hanno le scarpe per la danza classica, ma con i balletti si annoiano.
Poi ci sono quelli che prendono le scarpe perché hanno ricevuto una promessa, una specie di chiamata e si affrettano a procurarsi quello che serve per non perdere l’occasione. C’è in ballo la conquista di una vetta e sanno di essere attesi.
Sono stati convocati per una partita e vogliono far parte della squadra.
L’oratorio rivolge un invito a mettersi in cammino. Fai parte di una squadra, sei atteso e apprezzato.
Procurati le scarpe, cioè cogli l’occasione per essere dei nostri. Una impresa affascinante ci aspetta.”
Un grazie a Norma, che ci manda questo scritto per raccontarci come è andata a San Siro.
Sono le 14.15 di domenica 24 marzo e siamo più di 500, tra ragazzi, genitori, educatori che dal Santuario ci dirigiamo alla stazione di Saronno per prendere il treno per Milano.
Destinazione: lo stadio di San Siro, per il tradizionale incontro dell’arcivescovo di Milano con i cresimandi e i cresimati della diocesi.
Entriamo allo stadio e ci prende lo stupore nel vedere le tribune gremite: in più di 60.000 hanno raccolto l’invito di mons. Delpini a questo “raduno” diocesano, che ha come punto di partenza la lettera che egli ha mandato loro e intitolata “In che senso?”: un invito a scorgere i doni dello Spirito Santo attraverso i 5 sensi.
Come sottolinea Delpini, i sensi sono fatti per sentire e catturare la realtà che ci circonda e, grazie al dono dello Spirito, ci rendono capaci anche di donare quello che abbiamo ricevuto.
“Cominciate a dare: seminate sorrisi, dite parole buone. Offrite abbracci e carezze, diffondete il profumo della bontà, condividete quanto nutre il vostro corpo e la vostra anima, ricevete la Cresima, che rende capaci di donare, di prendersi cura degli altri.”
In chiusura, l’arcivescovo da’ un compito ai ragazzi: Andate a casa, prendete un foglio e scrivete chi posso rendere contento oggi? Appendetelo sulla porta della vostra camera. Ogni mattina, prima di uscire, leggetelo. La sera, se avrete dato gioia a qualcuno, potrete dormire tranquilli: l’angelo di Dio vi accompagna con il suo sorriso».
Il momento più emozionante? Beh, considerato il numero e l’età dei partecipanti, è stato il silenzio chiesto dall’Arcivescovo che ha riempito lo stadio; il silenzio è luogo privilegiato per ascoltare lo Spirito che parla dentro di noi.
Il 27 gennaio scorso si è svolto a Milano, presso l’Istituto dei Ciechi l’ormai annuale appuntamento dell’Arcivescovo con gli operatori della comunicazione. Alcuni spunti, utile memo anche per chi aggiorna questo nostro sito.
Secondo Delpini il giornalismo dev’essere capace di promuovere e comunicare il bene.
Capace di mettersi in gioco, con competenza, certo, e chiedendosi sempre a chi è rivolta l’informazione. “Siamo narratori di realtà o fotografi dell’attimo, che vedono solo una tessera del mosaico, ma non oltre?”, è provocatoria la domanda di Alessandro Galimberti, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.
“Forse ci manca il senso del racconto, per proporre la nostra lettura dei fatti. Siamo diventati degli eremiti sociali”.
E’ così che, nel cambiamento d’epoca in atto, ci auguriamo che restino la curiosità e la sincerità nella ricerca, il ricordo del fatto che la conoscenza umana è limitata,la voglia di far comprendere la propria posizione.
Infine rivolto agli studenti delle scuole di giornalismo presenti Delpini ripete con forza:
“Se la comunicazione si riduce ad essere un prodotto da vendere è logico che il prodotto sarà banale. Ma se è un bene comune, cioè contribuisce al bene di stare insieme, serve competenza.
Una competenza che non sia solo tecnica, ma che, comprendendo il giornalismo come servizio al bene comune, si faccia consapevole di cosa sia questo bene. Incoraggio le scuole di giornalismo ad integrare competenza con coscienza.”
E ancora:
“Non pensate che, appena finite l’università, avrete una scrivania e scriverete un articolo memorabile. Sviluppate piuttosto quella intraprendenza intelligente e sobria che non si aspetta subito il guadagno, ma che credere nelle sue risorse e cerca di metterle a frutto. Siete giovani, bravi, intelligenti, preparati bene: cercate di cambiare questo mondo.”
Gremita – mercoledì 26 settembre – la sala convegni della Curia della Diocesi di Milano. L’evento? La presentazione del libro di A. Scola “Ho scommesso sulla libertà”. Alla tavola rotonda: Luigi Geninazzi (giornalista, scrittore e coautore del testo), Valentina Soncini (docente), Alberto Sportoletti (membro del coordinamento diocesano Associazioni, Movimenti e Gruppi) e lo stesso arcivescovo emerito.
Il libro non è solo l’autobiografia di Angelo Scola e l’intervento del cardinale si trasforma nell’intensa catechesi di un uomo che ha sempre cercato la vicinanza e l’amicizia di uomini grandi. Ha guardato a don Giussani, De Lubac, Von Balthasar, Giovanni Paolo II.
Una costante attraversa la sua vita: la passione nel testimoniare la novità del Cristianesimo e la contemporaneità di Cristo.
Una sfida della libertà abbracciata attraverso i fatti stessi e…in una vita donata.
“Senza nulla da difendere se non l’essenza stessa della fede.”
“La vita va donata“, ripete Scola, ” e questa libertà di donarsi è possibile solo se la vita è segnata da un desiderio che si accende con un incontro. “
Per spiegare fa l’esempio bellissimo dell’immagine del saltatore in alto, che si ferma a metà del salto e si blocca. Questa è una libertà inceppata. Perché non sa più dire oggi il senso della vita.
“Però abbiamo sempre la possibilità di alzare lo sguardo e domandare una novità per il nostro cuore.
Il cristianesimo deve tornare a essere l’esperienza che Cristo fece fare a quei 12 e fa fare ancora a chi lo incontra oggi: essere mossi e animati dal desiderio che una novità appaia nella mia vita per amore, e che si dilati”.
Libertà come appartenenza a Cristo.
Si genera (e quante ne ha fatte l’arcivescovo emerito!)se si è generati.
Lunedì 16 luglio esce nelle librerie la nuova Lettera pastorale dell’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, per l’anno 2018/2019.
Il titolo è “Cresce lungo il cammino il suo vigore”, a sottolineare che ogni comunità cristiana è in cammino verso un compimento e al contempo ha la responsabilità’ di tenere vive le ragioni della speranza.