La 1ª lettera del nuovo arcivescovo di Milano Delpini mi colpisce fin dal titolo: “Vieni, ti mostrerò la sposa dell’Agnello” (che è un versetto dal cap. 21 dell’Apocalisse).

Il verbo mi richiama alla memoria il Gesù che nei Vangeli esorta i suoi discepoli: “Venite e vedrete”.

Quando diciamo “vieni” a qualcuno, stiamo facendo un invito.

Una proposta.

E colui che se la sente fare, capisce che c’è da fare un cammino (venire è verbo di movimento); gli è richiesto un lavoro, una prova, una verifica.

Ecco, potrei fermarmi qui, al titolo: esso mi svela già molto della fede in Cristo.

La sposa dell’Agnello è la Chiesa (Gerusalemme nuova), “che vive nella storia”, come scrive nel testo l’arcivescovo e che “può accogliere tutti, perché le sue fondamenta sono solide“.

E più avanti:

“Non si tratta di impresa umana, non di efficienza organizzativa, non di un esercizio di potere, non di un regolamento né di una disciplina, non di una tradizione.” (…)

“Tutto è possibile perché Dio abita nella città.”

(riflessioni da una prima lettura della Lettera Pastorale da parte di una parrocchiana)

Continua a leggereLettera Pastorale di Delpini: il ‘venite e vedrete’ che fa la Chiesa

Se parlate di lavoro oggi, sappiate che c’è in gioco una questione antropologica: cosa sarà dell’uomo e del suo destino?

Quale dimensione umana può aiutare a realizzare la vita?

Chiude domani, domenica 29 ottobre, la 48ª settimana sociale dei cattolici italiani; a Cagliari, (qui il link per saperne di più) per parlare, come dice il sottotitolo, del “lavoro che vogliamo, libero, creativo, partecipativo e solidale“.

Con questi 4 aggettivi definisce il lavoro umano Papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium. Lavoro come “atto creatore” che deve essere ben fatto per costruire se stessi, secondo il grande Charles Péguy ne L’argent (1913).

La sfida del lavoro, con la disoccupazione giovanile così alta, con le macchine intelligenti e il lavoro a basso costo, è tema che tocca molte famiglie e la società nel suo complesso, finanche la democrazia.

In molti ne parlano. Uno dei pochi a trattare il tema in modo serio è il gesuita Francesco Occhetta ne “Il lavoro promesso”, ed. Ancora.

La domanda sul perché delle tecnologie orienta il progresso stesso e definisce lo ‘sviluppo umano’ per la Chiesa. Ne parliamo perché abbiamo a cuore l’uomo, cioè noi stessi.

Come già aveva intuito Giovanni Paolo II nella Laborem exercens: 

“Mediante il lavoro, l’uomo (…) in un certo senso diventa più uomo”.

 

 

 

Continua a leggereMediante il lavoro, l’uomo diventa più uomo

Così don Maurizio Rolla esorta la comunità di Saronno alla S.Messa nella Festa del Trasporto. Ecco alcuni spunti che ci sembrano significativi.

IN GUARDIA DAL PROTAGONISMO DELLA FEDE

“Non fare della tua sapienza, la sapienza di Dio, della tua intelligenza, l’intelligenza di Dio.

Dio non ti chiede di annunciare con la tua sapienza, la sua sapienza, ma di far passare dentro alle tue parole, Lui. A partire da casa nostra.”

Lascia dilatare la speranza. Metti a disposizione te stesso.

Solo così la Festa del Trasporto diventa occasione per dare consistenza al futuro, “che è un presente giusto”.

LA RADICE NELLA FEDE

“La provvista di bene che vedo a Saronno è frutto della fede, non dimentichiamolo; dev’essere radicata nella fede.

Altrimenti rendiamo vana la croce di Cristo e la Festa diventa il trasporto di un pezzo di legno in mezzo alle strade, anziché il Trasporto della Vita nella vita.

Non che da domani cambi tutto. “Non vendiamo cassette di frutta, ma mettiamo semi nella storia.”

LA CRISI COME OCCASIONE

La crisi (economica, ecc.) che viviamo deve servire a verificare se viviamo un’esperienza vera, di gioia e di speranza, anche dentro alle fatiche.

I GIOVANI E IL FUTURO

Un po’ provocatorio don Maurizio dice: “Basta con l’enfasi che i giovani sono il nostro futuro. Non perché non sia vera, ma perché il futuro dei giovani è il nostro volto.

Il futuro dei giovani siamo noi che raccontiamo loro cosa vuol dire diventare grandi.

E se i giovani si pèrdono, è perché non abbiamo dato loro la possibilità di vedere la bellezza della fede.

Come fanno i ragazzi a diventare grandi se non capiscono che questa esperienza di vita è nostra?

Continua a leggereAl Trasporto…lasciate dilatare la speranza !

La vestizione dei nuovi chierichetti vista da Martina fa perno sulla parola scelta.

“Scegliere cosa essere e cosa fare nella vita, anche quando si e’ piccoli e inesperti, e’ qualcosa da grandi, che fa crescere.

Questi bimbi hanno scelto il servizio, hanno scelto con emozione di diventare chierichetti, hanno risposto alla chiamata con la trasparenza e la semplicita’ di un sorriso, di uno sguardo; con la freschezza della loro eta’ hanno scelto la bellezza di un impegno per la nostra comunita’.

Sono un esempio che ci chiama a scegliere che vestito indossare, che scelte fare. a sentirsi chiamati, anche nelle piccole cose, ad aiutare la nostra comunita’ ad essere ancora piu’ ricca di bellezza.”

Continua a leggereNuovi chierichetti: una scelta da grandi (e le foto..!)

Ieri,  domenica 22 ottobre, alla Messa delle 10.30, 7 bambini sono entrati a far parte dei chierichetti  e di fronte alla comunità promettono di essere ragazzi gioiosi nel loro servizio all’altare e nella loro vita.

Norma, nel suo racconto, coglie proprio l’aspetto della gioia.

“Don Stefano ha sottolineato che essere missionari non è solo andare oltre oceano, ma testimoniare nella vita di tutti i giorni che essere amici di Gesù regala un colore e un sapore più intenso alla vita.

Lo stesso Papa Francesco, rivolto a migliaia di chierichetti radunati in piazza San Pietro nel 2015, li aveva chiamati ‘ministranti missionari’: più sarete vicini all’altare e più sarete in grado di andare verso il prossimo portandogli in dono ciò che avete ricevuto, donando a vostra volta con entusiasmo la gioia che vi è stata donata.

Gioia contagiosa: mentre guardi i nuovi chierichetti nelle loro vesti appena benedette e leggi la gioia nei loro occhi, lo sguardo va oltre e vede altri occhi gioiosi … quelli dei bambini e ragazzi che cantano nel coretto della Repax, animando la liturgia.

Ancora Papa Francesco dice che la vita cristiana è un cammino, ma non un cammino triste, un cammino gioioso. E per questo canta. Canta e cammina!

Lasciamoci pervadere dalla gioia di essere cristiani per poterla diffondere intorno a noi.

Più missionari di così”.

‘Nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore’

(Paolo VI)

Continua a leggereNuovi chierichetti: una gioia

Bella occasione dal 21 al 29 ottobre nel Salone della Prepositurale per vedere la riproduzione di alcune opere del pittore americano William Congdon. Qui di seguito alcuni spunti per conoscerlo.

VITA: MOMENTI ESSENZIALI

Congdon nasce nel 1912 da famiglia benestante e raggiunge il successo come pittore negli anni ’50.

La sua vita ha una prima svolta nel 1945; è uno dei primi ad entrare nel campo di concentramento di Bergen Belsen per portare soccorso ai superstiti. Ne resta profondamente colpito.

Dopo alcuni anni a New York, torna in Europa, in Italia, e, a Venezia, lo splendore puro della città, fatta di luce e acqua, lo seduce al punto da far spazio nel nero dei primi dipinti ad un disco di luce.

Per lui comincerà un percorso che scava dentro la sua irrequietezza, dentro la sua ricerca di felicità, e che lo porta alla conversione al cattolicesimo nel 1959.

CONVERSIONE: LA VERA SVOLTA

“Una conversione, non di quelle spettacolari, quelle dipinte dei grandi pittori (La chiamata di Levi-Matteo, La caduta di Saulo-Paolo da cavallo). È il percorso del Nicodemo del Vangelo“, così lo definisce il professor Sergio Beato alla serata di presentazione della mostra.

Un percorso che dura vari anni, quello di Nicodemo, uno dei membri del sinedrio, che va a trovare Gesù di notte, resta affascinato  dalle sue parole, e in qualche modo queste lo segneranno dentro, al punto che sarà presente alla deposizione del Signore.

William Congdon ha ‘combattuto’ forse allo stesso modo di Nicodemo, tra la lealtà a ciò che aveva visto e lo scetticismo di una società dove la fede cristiana veniva meno.

L’OSSESSIONE DEL CROCIFISSO

Il crocifisso diverrà la sua ossessione. Ne dipingerà più di 200.

In essi, la testa del Cristo è sempre reclinata, su un abbozzo di corpo. Non si intravede mai un volto, perché lo spettatore non si distragga.

Il volto del Cristo ha il volto di tutta l’umanità sofferente, che egli vede nelle periferie esistenziali del mondo.

DAI SUOI SCRITTI

“La nascita dell’opera d’arte è come il miracolo della conversione cristiana: è opera di un Altro.”

“L’artista deve morire per partorire le cose afferrate in lui e diventate immagine, mentre il cristiano deve “morire” per essere ripartorito da Cristo.”

“Sacra è l’arte di quell’uomo che apre con la sua bellezza al mistero della vita, fino a Dio.”

“Il Crocifisso non mi interessa come soggetto religioso da rappresentare, ma come dimensione di vita che sfocia nel segno della morte e risurrezione di Cristo. La strada, una qualsiasi, è sempre Cristo.”

Continua a leggereLa luce ferita di William Congdon

Voglio farvi venire la voglia di andare a vedere le opere di William Congdon, alla mostra che si apre domani. Per non fermarsi alla croce.

Congdon ha accompagnato la sua pittura a molti scritti (appunti, diari, ecc.).

Guardate cosa dice sulla parola limite:

“L’età e i limiti diventano inevitabili. Il limite è il segno fisico dell’Altro che ti sta abbracciando.

Quando è il mistero che ci lega, facciamo una nuova esperienza, in cui la materia diventa strumento, compresa la materia del nostro corpo e delle nostre mani che tremano: vuol dire che urge una nuova forma del tuo dono, in cui puoi usare tutti i tuoi limiti.

Se accettiamo di legarci affettuosamente al Mistero, allora è la risurrezione, e tutto diventa dedizione all’opera di un Altro.

(Subiaco, 1974)

 

Continua a leggereVedere l’opera di William Congdon: non si ferma alla croce
Scopri di più sull'articolo “Chiesa bella?” “Gente su cui far conto”
gerardo-dottori--crocifissione

“Gente su cui far conto”. Così risponde l’arcivescovo Delpini, nel messaggio fatto avere a don Armando, alla domanda-titolo del convegno di sabato scorso, “Come essere una Chiesa bella?”.

Delpini insiste su questa espressione: “gente su cui si può contare. Gente che ha il coraggio della testimonianza.”

UN COME ESSERE

Ecco ciò che i cristiani di Saronno devono essere. Testimoni.

Uomini educati al pensiero di Cristo (come ci aveva potentemente richiamati il cardinal Scola.

Uomini che riconoscono nella persona di Gesù il criterio per guardare, leggere, abbracciare tutta la realtà, in uno spirito di comunione con i fratelli.

UN DOVE

La comunità come luogo ideale dove ciascuno impara ad amare.

L’appartenenza alla comunità è la condizione che Cristo spesso sceglie per incontrare l’uomo. Credo che per molti di noi sia stato così.

È la logica di un uomo “in relazione”. La Bibbia descrive tantissime storie di relazioni. Non tutte riuscite. Le relazioni vanno educate. È un percorso.

UN COMPITO

Nella sua prima lettera pastorale, larcivescovo, richiamando l’Apocalisse, con l’immagine della città santa, scrive: “La vita cristiana non è un percorso solitario, non l’iniziativa personale, ma il convergere nella città. L’edificazione della città è l’opera di Dio che convoca tutti e accoglie ciascuno”.

E traduce molto bene anche il termine sinodalità, tornato più volte nel corso del convegno.

“La sinodalità è opera dello Spirito che dei molti fa una cosa sola.”

(riflessioni maturate a margine del convegno di sabato da parte di una partecipante)

Continua a leggere“Chiesa bella?” “Gente su cui far conto”

Il tratto distintivo delle testimonianze di Eugenia e Maria che ci raccontano l’esperienza del ‘banco torte’ è l’amicizia.

Maria ha collaborato per anni alla riuscita della vendita di torte per la festa patronale e quella dell’oratorio. Portava due strudel, che sa fare al meglio, due chiacchiere con le signore del banchetto e…tutto finiva lì.

Dallo scorso anno si è coinvolta nella gestione del ‘banco torte’ assieme ad altri: “ed è stata tutta un’altra storia”.

“Lavorare insieme, progettare i volantini, distribuirli, curare il banchetto, le decorazioni, i cartelloni …perché tutto sia bello.

Lavoro di squadra dove ognuno ci mette entusiasmo. Partecipo a qualcosa di bello, anche se piccolo, per la comunità.

Il ‘banco torte’ diventa occasione di incontri e di amicizie.”

Eugenia allarga:

“è un gesto semplice e gratuito che genera un atto di carità verso i bisogni della parrocchia.

Grazie ad esso, persone che si conoscevano poco sono diventate amiche.

Lo sguardo diventa aperto e accogliente tra noi e con le persone che incontriamo.

Ecco due espressioni che racchiudono il significato di quello che vivo con il ‘banco torte’:

“L’accoglienza e la condivisione sono l’unica modalità di un rapporto umanamente degno perchè solo in esse la persona è esattamente persona, cioè rapporto con Dio ” (L. Giussani, Il miracolo dell’accoglienza).

“Chiediamo al Signore una fede grande, per guardare la realtà con lo sguardo di Dio e una grande carità, per accostare le persone con il Suo cuore Misericordioso” (Papa Francesco, giugno 2015).”

Coinvolgersi ripaga sempre. Per vivere da protagonisti.

Grazie a voi, per questa testimonianza!

 

Continua a leggereMolto più che torte: il frutto è un’amicizia