In questa settimana autentica, per aiutare il cammino, possiamo pregare così:

Amico degli uomini che hai provato la tentazione

Tu ci indichi nell’obbedienza la via della vittoria.

 

Figlio di Dio trasfigurato sull’alta montagna

Tu ci mostri la croce come esodo verso la gloria.

 

Gesù Messia che doni l’acqua a chi ha sete

Tu fai zampillare in noi una fonte di vita eterna.

 

Luce vera che illumini ogni uomo che viene nel mondo

Tu apri gli occhi a quelli che si riconoscono ciechi.

 

Vincitore della morte che chiami Lazzaro dal sepolcro

Tu sei la resurrezione e la vita per chi crede in te.

Continua a leggereContemplazione a Cristo

Continua la catechesi del Papa sulla Messa; ecco la seconda parte del messaggio dello scorso 21 marzo presso l’Aula Paolo VI.

La celebrazione della Messa è ordinata alla Comunione, ad unirci con Gesù. Comunione sacramentale, non spirituale che uno può fare a casa sua.

Comunione sacramentale, con il corpo e il sangue di Cristo. Celebriamo l’Eucaristia per nutrirci di Cristo, che ci dona sé stesso  nella Parola e nel Sacramento dell’altare, per conformarci a Lui. Lo dice Egli stesso: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.” (Gv 6, 56).

Dopo aver spezzzato il Pane consacrato, il sacerdote lo mostra ai fedeli, dicendo: “Beati gli invitati alla Cena del Signore: ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.”

È un invito che rallegra e insieme spinge ad un esame di coscienza illuminato dalla fede. Se da una parte, vediamo la distanza che ci separa dalla santità di Cristo, dall’altra crediamo che il suo Sangue è “sparso per la remissione dei peccati”.

Tutti siamo stati perdonati nel Battesimo e tutti siamo perdonati ogni volta che ci accostiamo al sacramento della penitenza. Gesù perdona sempre. Gesù non si stanca di perdonare. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono.

Se siamo noi a muoverci in processione verso l’altare per fare la comunione, in realtà è Cristo che ci viene incontro per assimilarci a sé. C’è un incontro con Gesù!

Nutrirsi dell’Eucaristia significa lasciarsi mutare in quanto riceviamo. Ogni volta che noi facciamo la comunione, assomigliamo di più a Gesù, ci trasformiamo di più in Gesù.

Quanto ricevono il pane sono trasformati in Eucaristia vivente. E al sacerdote che ti dice “Il Corpo di Cristo”, tu rispondi “Amen”, ossia riconosci la grazia e l’impegno che comporta diventare Corpo di Cristo.

È bello, è molto bello. Diventiamo ciò che riceviamo!

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Ecco la prima parte della catechesi di Papa Francesco dello scorso 21 marzo, presso l’Aula Paolo Sesto.

Oggi è il primo giorno di primavera: buona primavera! Ma cosa succede in primavera? Fioriscono le piante, fioriscono gli alberi.

Un albero o una pianta ammalati, fioriscono bene, se sono malati? No! Un albero, una pianta che non sono annaffiati dalla pioggia o artificialmente, possono fiorire bene? No. Ma, senza radici si può fiorire? No!

Questo è un messaggio: la vita cristiana dev’essere una vita che deve fiorire nelle opere di carità, nel fare il bene. Ma se tu non hai delle radici, non potrai fiorire, e la radice chi è? Gesù!

Se tu non sei con Gesù, lì, in radice, non fiorirai.

Se tu non annaffi la tua vita con la preghiera e i sacramenti, voi avrete fiori cristiani? No. Perché la preghiera e i sacramenti annaffiano le radici e la nostra vita fiorisce.

Vi auguro che questa primavera sia per voi una primavera fiorita, come sarà la Pasqua fiorita.

Fiorita di buone opere, di virtù, di fare il bene agli altri…

 

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“La verità della Bassa non va cercata sulla terra, bisogna cercarla nell’aria.” – scriveva Guareschi in Mondo piccolo.

Così cerca di metterla in fotografia Paolo Simonazzi, con l’omonima mostra ancora in corso per pochi giorni a Milano.

Simonazzi di quella terra emiliana è figlio, lui, classe 1961, nato a Reggio Emilia. Le sue fotografie sono capaci di rileggere la sua terra d’origine con uno sguardo complice, affettuoso ed ironico al tempo stesso.

Le fotografie restituiscono a chi guarda dei luoghi dell’anima, più che della geografia.

L’autore sembra domandarsi cosa resta, oggi, della purezza del mondo della pianura emiliana, dei piccoli centri agricoli dell’Italia anni ’50, della cultura contadina, delle tradizioni e dei saperi.

L’immagine e la composizione non hanno bisogno di lunghi viaggi, né di scenari esotici per prendere il volo, ma possono rinnovarsi nel vivere quotidiano di una città di provincia.

Meraviglia dell’ordinario. Lo straordinario nel quotidiano.

Invito all’attenzione dello sguardo, per non perdere di vista la giusta misura della bellezza e della vita.

Aperta fino al 30 marzo, mar-ven 10-18.30, sab-dom 16-20, lun chiuso.

Ecco una breve gallery.

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Sabato 17 marzo il gruppo di fidanzati ha fatto, con don Fabio, una gita all’isola di San Giulio (sul lago d’Orta) per incontrare sr. Maria Aurora, monaca di clausura di 33 anni, che vive nel convento delle suore benedettine sull’isola. Ecco la testimonianza di una delle coppie, Adriana e Davide.

Incontrando sr. Maria Aurora si resta colpiti dalla sua solarità. Solo guardandola si capisce immediatamente che è una persona felice.

Sorprende un atteggiamento del genere in una persona che – apparentemente – sembra aver rinunciato a tutto (famiglia, amici, lavoro, libertà, soldi).

Ci racconta di sé, della sua vita nel convento, del rapporto con Dio e le consorelle e ci dice che la vocazione e’ una: la vocazione all’amore di Dio.

Impossibile non chiedersi come lei che non ha niente (rispetto a noi che possiamo fare quello che vogliamo e incontrare chi vogliamo) sia così contenta, così certa nella vita (non potendosi certamente trattare dell’entusiasmo dell’inizio: è in monastero da 8/9 anni!).

Ma allora cosa fa felici nella vita?

Siamo grati dell’incontro con suor Aurora perché ci ha testimoniato e ricordato come la presenza di Gesù sia una cosa reale ed è ciò di cui il nostro cuore ha veramente bisogno, tanto da renderla così felice e soddisfatta da provare una certa invidia per lei.

Lei ha donato la sua vita “rinchiudendosi” in un monastero. Le alternative sono due: o è una pazza ( e con lei le altre 69 suore che vivono con lei) o ha capito che per lei quello é il modo per servire il mondo e per essere contenti.

Per noi l’incontro con suor Aurora è stato importante perché ha risvegliato in noi il bisogno di incontrare Gesù nelle nostre giornate, con il desiderio che il rapporto tra noi due sia sempre di aiuto a questo.

 

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Nella home page di questo sito c’è – in evidenza – la mostra su “La via del Calvario” di Gaetano Previati.

Chi avrà voglia di andarla a vedere ripercorrerà il cammino di Maria, quello che Charles Péguy è riuscito meravigliosamente ad esprimere in poesia.

Le pennellate di Previati salgono come i passi di Maria, senza mai fermarsi, a scrutare con speranza in quel cielo striato di giallo …un barlume di mistero.

È quello che faremo nella settimana autentica che ci porta a Pasqua, per arrendersi a Cristo.

“Lui solo poteva gridare il clamore sovrumano; Lui solo conobbe allora quella sovrumana desolazione.

E Lui gettò il grido che risuonerà sempre, eternamente sempre, il grido che non si spegnerà mai, eternamente.

In nessuna notte. In nessuna notte del tempo e dell’eternità.” (Charles Péguy)

La bellezza che salva è l’amore che condivide il dolore.

 

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La Quaresima prosegue e oggi vi offriamo una riflessione attorno al dipinto Incredulità di Tommaso (1601), del Caravaggio; noi siamo quel dito conficcato dentro il costato di Gesù.

Guardate la luce, che è concentrata sui volti e irrompe dall’alto irradiando il corpo di Gesù. E poi rimbalza sul volto dei 3 discepoli.

La ferita del costato è come un varco che raccoglie la sorgente misteriosa della luce.

Una finestra aperta.

Tommaso, lo spavaldo; quello che, quando compare la prima volta nel Vangelo (Gv, 11,16) dice “Andiamo a Gerusalemme a morire con lui”.

Due capitoli dopo, (Gv 14, 1-5), ha già perso la strada “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”

La sua sicurezza è già in discesa.

Si arriva infine al cap. 20, sempre Vangelo di Giovanni.

Tommaso fa la figura dell’empirista, che se non vede e non tocca, non crede.

Il dito che dipinge Caravaggio è il dito dell’uomo che vuole entrare nel cuore di Dio. Tommaso non era con gli altri apostoli quando Gesù era apparso la prima volta.

Non era con loro …non vuol dire solo che era assente.

Non era con loro in senso più ampio indica che Tommaso era un po’ tornato al suo lavoro, alla sua casa; si era dissociato, si era allontanato da quella realtà.

Era stato bello stare con Gesù, ma ora…Che rimpianto!

8 giorni dopo Tommaso c’è. Tornato? E tocca il fondo “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.

Vuol vedere e toccare se è risorto il Crocifisso, proprio quell’uomo lì.

E Caravaggio cosa fa? Mostra una mano (di Gesù) che prende la mano di Tommaso (la tua, la mia, la mano di ognuno di noi) e la introduce nello squarcio del suo cuore ferito: la tua mano, la mia, non saprebbe in che direzione andare, il mio dito …vorrebbe mettersi in tasca il mistero.

Come se volessimo insegnare noi a Dio come deve agire da Dio. Dio a nostra immagine.

La Pasqua non è un optional, è l’azione che rivela chi è Gesù.

Colui che ci ha amati fino alla fine (in greco fine è telos, che non è solo fine – della vita- ma è anche fine, meta, traguardo).

E questo squarcio è ciò che dà significato a tutto, nella nostra vita!

Nel lavoro, negli affetti, nella dedizione agli altri, nell’impegno di volontariato, in quello politico o sociale… la vita che conta è quella che si vede e si riceve da quella ferita!

E c’è bisogno pure della mano di Gesù che accompagna …perché noi fissiamo lo sguardo, aggrottiamo la fronte, abbiamo un supplemento di attenzione, di tensione, di ricerca.

 

NB. Alcuni storici dell’arte hanno notato che la mano di Gesù sembra ‘copiata’ dalla Creazione di Michelangelo, dipinta nella Cappella Sistina. Ma non è la copia della mano di Dio che con un soffio crea Adamo (e le dita dei due arrivano quasi a sfiorarsi). Caravaggio prende a modello la mano di Adamo! Come a dire che è attraverso i testimoni, attraverso la Chiesa …che noi arriviamo a Gesù. E la mano dipinta ha un che di delicato; Dio non forza la nostra libertà, piuttosto ci invita, come un tocco gentile!


 

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Si avvicina il tempo di Comunioni, Cresime e feste.

Una proposta per chi sta cercando delle bomboniere che facciano anche del bene è quella delle “bomboniere solidali”.

Chi è passato al bar dell’oratorio in queste settimane  avrà visto una bella bacheca dove sono esposte le diverse alternative.

Ecco di seguito le informazioni essenziali:

Ordini: entro fine marzo 2018

Confezioni: sono possibili variazioni per fiocchi e accessori

Contributo  per tipologia:

  • vasetto: 7 €     (60 pezzi; colori assortiti)
  • pochette: 7 €   (51 pezzi; colore arancione)
  • angelo: 5 €      (50 pezzi; colore panna)
  • cuore: 5 €        (50 pezzi; colore panna)
  • barca: 5 €        (49 pezzi; colore nocciola con vela color panna)
  • sacchetto con rametto fiorito: 5 € (50 pezzi; colori assortiti)

Potete vedere un esempio di queste realizzazioni nella foto gallery sottostante.

Per informazioni: Claudio Banfi, cell. 348 8536918

Continua a leggereBomboniere solidali alla Repax

È Tommaso ad offrirci oggi la sua riflessione sul Vangelo di questa 4ª domenica di Quaresima.

Se sono amato da qualcuno cosa vedo?
Vedo la bellezza del giorno.
Se non sono amato da nessuno…non vedo niente, se non il mio vuoto.

E quando faccio l’esperienza di essere perdonato, la giornata diventa bellissima.

Se ci mettiamo nella prospettiva del cieco nato…e ci chiediamo cosa sarebbe la vista, scopriamo che la vista è la luce del perdono, che non ci abbatte di fronte al negativo, ma che ci fa affrontare la vita con gioia.
Attenzione: la gioia che intendo non è nell’abbaglio dei miei piaceri.
Nell’abbaglio dei miei piaceri trovo il vuoto.

La felicità non è solitudine.
La felicità è compagnia. Non mi glorio del mio benessere, non serve.

Per rendere bello il giorno devo fare spazio.

All’altro e al vero bene.

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Se non stiamo attenti, rischiamo di camminare verso Dio proiettando verso di lui le nostre paure e le nostre ansie da prestazione.

E trasformiamo la paziente forza d’amore scolpita sul Suo volto nell’attaccapanni …per le nostre peggiori maschere di rettitudine!

Il Signore, invece, sempre restituisce luce al nostro volto: rinunciando ad indossare i panni del giudice implacabile e affidandoci, serenamente, la terapia del perdono.

Nella misura in cui ci lasciamo afferrare da questo itinerario di compassione sempre percorribile, la vergogna sul volto non può che arrendersi e cedere il posto a una grande speranza del cuore.

Un incremento di vita non solo è riversato sul nostro volto, ma è destinato a diventare fecondità e nutrimento anche per il volto degli altri.

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