Comunità: ciascuno deve fare la sua parte

Ho appena terminato il saggio di Noreena Hertz, non proprio una lettura da ombrellone, visto il periodo. Dice che viviamo nel secolo della solitudine. Siamo soli, affamati di connessione, fatti dal desiderio d incontrare l’altro, eppure il male sottile della solitudine si è insinuato in noi, permeando ogni aspetto della nostra società. Anche prima della pandemia.

La solitudine di oggi ha radici lontane, dagli anni ‘80 del secolo scorso, come effetto di un capitalismo e di rapporti fra società, politica e individui sempre più distanti. Il mondo digitale ha solo accelerato processi già in atto.

L’uomo, ridotto solo all’aspetto “economicus”, ha perso il senso di comunità.

La situazione richiede piena consapevolezza, sforzo e impegno di tutti, per essere superata.

Perché rinunciare alla diretta relazione personale con l’altro significa rinunciare a una vera e propria cura di sé.

“Non può spezzare il pane insieme se si riceve Deliveroo a casa. Il problema è che la comunità non è qualcosa che si possa comprare né che possa essere imposta dall’alto; è invece qualcosa cui la gente deve dedicare tempo e partecipare proattivamente se si vuole che prosperi. Essere presenti è essenziale.”

Quanto dice il saggio della Hertz anche alle nostre comunità cristiane?

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L’11 febbraio – memoria della Madonna di Lourdes – ricorre la XXX giornata mondiale del malato. Ecco alcuni stralci dal messaggio del Papa, dal titolo «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità.

“Cari fratelli e sorelle, trent’anni fa san Giovanni Paolo II istituì la Giornata Mondiale del Malato per sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie cattoliche e la società civile all’attenzione verso i malati e verso quanti se ne prendono cura. 

(…) Molti passi avanti sono stati fatti, ma molta strada rimane ancora da percorrere per assicurare a tutti i malati, anche nei luoghi e nelle situazioni di maggiore povertà ed emarginazione, le cure sanitarie di cui hanno bisogno; come pure l’accompagnamento pastorale, perché possano vivere il tempo della malattia uniti a Cristo crocifisso e risorto.

Il tema scelto per questa trentesima Giornata, «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36), ci fa anzitutto volgere lo sguardo a Dio “ricco di misericordia” (Ef 2,4), il quale guarda sempre i suoi figli con amore di padre, anche quando si allontanano da Lui. La misericordia, infatti, è per eccellenza il nome di Dio, che esprime la sua natura non alla maniera di un sentimento occasionale, ma come forza presente in tutto ciò che Egli opera. È forza e tenerezza insieme. Per questo possiamo dire, con stupore e riconoscenza, che la misericordia di Dio ha in sé sia la dimensione della paternità sia quella della maternità (cfr Is 49,15), perché Egli si prende cura di noi con la forza di un padre e con la tenerezza di una madre, sempre desideroso di donarci nuova vita nello Spirito Santo.

Testimone sommo dell’amore misericordioso del Padre verso i malati è il suo Figlio unigenito. Quante volte i Vangeli ci narrano gli incontri di Gesù con persone affette da diverse malattie! (…) perché questa attenzione particolare di Gesù verso i malati, al punto che essa diventa anche l’opera principale nella missione degli apostoli, mandati dal Maestro ad annunciare il Vangelo e curare gli infermi?

Un pensatore del XX secolo ci suggerisce una motivazione: «Il dolore isola assolutamente ed è da questo isolamento assoluto che nasce l’appello all’altro, l’invocazione all’altro». Quando una persona sperimenta nella propria carne fragilità e sofferenza a causa della malattia, anche il suo cuore si appesantisce, la paura cresce, gli interrogativi si moltiplicano, la domanda di senso per tutto quello che succede si fa più urgente.

(…) Ecco, allora, l’importanza di avere accanto dei testimoni della carità di Dio che, sull’esempio di Gesù, misericordia del Padre, versino sulle ferite dei malati l’olio della consolazione e il vino della speranza. 

L’invito di Gesù a essere misericordiosi come il Padre acquista un significato particolare per gli operatori sanitari. Penso ai medici, agli infermieri, ai tecnici di laboratorio, agli addetti all’assistenza e alla cura dei malati, come pure ai numerosi volontari che donano tempo prezioso a chi soffre. Cari operatori sanitari, il vostro servizio accanto ai malati, svolto con amore e competenza, trascende i limiti della professione per diventare una missione. Le vostre mani che toccano la carne sofferente di Cristo possono essere segno delle mani misericordiose del Padre. Siate consapevoli della grande dignità della vostra professione, come pure della responsabilità che essa comporta.

Benediciamo il Signore per i progressi che la scienza medica ha compiuto soprattutto in questi ultimi tempi; (…) però, non deve mai far dimenticare la singolarità di ogni malato, con la sua dignità e le sue fragilità.

Il malato è sempre più importante della sua malattia, e per questo ogni approccio terapeutico non può prescindere dall’ascolto del paziente, della sua storia, delle sue ansie, delle sue paure. Anche quando non è possibile guarire, sempre è possibile curare, sempre è possibile consolare, sempre è possibile far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona prima che alla sua patologia.”

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Domenica 6 febbraio la Chiesa celebra la Giornata della Vita e vi offriamo qui qualche spunto del Messaggio della Cei.

“La pandemia ha messo in luce numerose fragilità a livello personale, comunitario e sociale. (…) emerge però con rinnovata consapevolezza l’evidenza che la vita ha bisogno di essere custodita.

(…) nessuno può bastare a sé stesso. (…) Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione.

Il nostro pensiero va innanzitutto alle nuove generazioni e agli anziani. Le prime hanno subito importanti contraccolpi psicologici, con l’aumento esponenziale di diversi disturbi della crescita; molti adolescenti e giovani non riescono tuttora a guardare con fiducia al proprio futuro. Anche le giovani famiglie hanno avuto ripercussioni negative dalla crisi pandemica. Tra le persone anziane, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa.

(…) Dinanzi a tale situazione, Papa Francesco ci ha offerto San Giuseppe come modello di coloro che si impegnano nel custodire la vita: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà” (Patris Corde). Nelle diverse circostanze della sua vicenda familiare, egli costantemente e in molti modi si prende cura delle persone che ha intorno, in obbedienza al volere di Dio. Pur rimanendo nell’ombra, svolge un’azione decisiva nella storia della salvezza, tanto da essere invocato come custode e patrono della Chiesa.

(…) La risposta che ogni vita fragile silenziosamente sollecita è quella della custodia. Come comunità cristiana facciamo continuamente l’esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza.

Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato (…). È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene” (Papa Francesco, Omelia, 19 marzo 2013).

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Domenica 24 ottobre, che per Saronno vuol dire anche Festa del Trasporto, la Chiesa ricorda la Giornata Missionaria Mondiale. Ecco alcuni stralci del messaggio di Papa Francesco per questa Giornata.

“Cari fratelli e sorelle, quando sperimentiamo la forza dell’amore di Dio (…) non possiamo fare a meno di annunciare e condividere ciò che abbiamo visto e ascoltato. (…)

La storia comincia con il Signore che chiama e vuole stabilire con ogni persona, lì dove si trova, un dialogo di amicizia. (…)

L’amicizia con il Signore lascia un’impronta indelebile, capace di suscitare stupore e una gioia espansiva e gratuita che non si può contenere. L’amore si mette in movimento (…) a partire da uomini e donne che imparano a farsi carico della fragilità propria e degli altri.

(…) La Comunità ecclesiale mostra la sua bellezza ogni volta che ricorda con gratitudine che il Signore ci ha amati per primo.

(…) L’attuale momento storico non è facile. La pandemia ha evidenziato e amplificato il dolore, la solitudine, la povertà, le ingiustizie (…) ha smascherato le nostre false sicurezze. (…)

E’ urgente che “quello che abbiamo visto e ascoltato”, la misericordia che ci è stata usata, si trasformi (…) in passione condivisa per creare una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni. (…)

La nostra vita di fede si indebolisce e perde profezia nell’isolamento personale o chiudendosi in piccoli gruppi; per sua stessa dinamica esige di raggiungere e abbracciare tutti.

Continua a leggere“Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato (At 4,20)

In occasione di questa partenza, mi sembra che la parola che accompagna questo tempo sia: GRAZIE!
Voglio ringraziare da parte mia e da parte della Chiesa e da parte del mondo tutte quelle persone che scelgono giorno dopo giorno di vivere nel dono, offrendo il loro tempo e le loro energie.
In occasione della festa della Parrocchia abbiamo raccolto nel notiziario tanti grazie e nominato tante persone… vi ricordate?
Aggiungo oggi qualche altro grazie…

Grazie a chi anche nel silenzio e nell’ombra non smette di fare la sua parte anche se nessuno si accorge di lui…
Grazie a chi continua a credere nella vita e fa di tutto perché ogni vita sia custodita…
Grazie a chi non perde la speranza e pur attraversando prove serie non lascia che questi momenti portino alla disperazione, alla perdita della speranza…
Grazie a chi vive il suo servizio con fedeltà e attenzione agli altri, soprattutto i più deboli e gli “ultimi”…
Grazie a chi proprio dei più deboli, degli ultimi, degli invisibili, si prende cura a costo di tanti sacrifici…
Grazie a chi non guarda il proprio interesse e sa perderci lui pur di andare incontro alle situazioni e ai bisogni…
Grazie a chi non cerca di far valere le proprie posizioni, ma nella comunità sa ascoltare il punto di vista degli altri e lo fa diventare una ricchezza…
Grazie a chi offre la sua allegria, la sua positività, la sua esuberanza, il suo sorriso, per “contagiare” in positivo gli altri…
Grazie a chi, non potendo fare altro, magari chiuso in casa, vive la sua preghiera e la sua intercessione per ciascuno e per tutti, affidando al Signore le tante situazioni…
Grazie a chi lascia che nelle sue giornate ci sia del tempo per ascoltare in profondità ciò che il Signore suggerisce, ciò che lo Spirito sussurra, le novità che il Signore dona per il bene di tutti…
Grazie a chi offre la sua trasparenza, la sua sincerità, la sua franchezza, così che la verità possa risplendere e quindi aiutare e sostenere…
Grazie a chi in tanti modi si fa sale della terra e luce del mondo, offre sapore e luce a chi lo circonda…

Grazie a tutti voi che avete condiviso con me questo pezzetto del cammino, insieme, accompagnati dal Signore: lui continuerà ad offrire tutto ciò di cui abbiamo bisogno per giungere alla meta di una vita piena, con lui e con i fratelli…
Grazie! Grazie! Grazie! E buon tutto!
don Denis

Continua a leggereGRAZIE!

È una situazione particolare quella di un prete che dopo solo due anni lascia la comunità… Ma questo anno e mezzo di Covid ci ha insegnato che tutto è provvisorio e ogni giorno possiamo capire come vivere quello successivo e il Signore non smette comunque di offrirci occasioni di bene anche dentro le situazioni più difficili…
Nel mio cuore ci sono la gratitudine per i tanti doni che il Signore ha fatto passare in questo tempo, la riconoscenza per avere incontrato tante persone belle e tanti disposti a collaborare e a fare tutto il possibile perché la nostra comunità potesse vivere bene in ogni suo aspetto… e quindi la fatica di lasciare una comunità con così tante ricchezze…
Ma dopo 30 anni di ministero ho bisogno di un tempo di pausa in cui raccogliere di nuovo le forze spirituali e pastorali come ho fatto in seminario 30 anni fa, per poi riprendere, a Dio piacendo, gli altri 30 anni di ministero…
È stata una decisione difficile ma i segni che il Signore mi ha offerto erano chiari…
Come per ogni scelta, si lascia qualcosa e si prende qualcos’altro: purtroppo, pur volendo tutto, non possiamo avere tutto… l’importante, credo, sia raccogliere tutto quello che il Signore continuamente offre e continuamente offrirà alla vita nostra e della nostra parrocchia…
Mi spiace lasciare questa comunità, soprattutto alcuni rapporti belli da poco iniziati, alcuni discorsi intrapresi, un ascolto del Signore che si stava sempre più chiarendo, ma Lui, sono certo, ci donerà tutto quello di cui abbiamo bisogno per avventurarci in questo mondo nuovo dopo il Covid, tempo in cui possiamo ripartire un po’ da zero e stare dentro la vita, in questo cambiamento d’epoca, con Lui, in modo anche nuovo, raccogliendo tutti i suggerimenti per andare incontro a questo inedito tempo con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione e così possiamo raggiunge-re un giorno la meta del Regno realizzato…
Intanto auguro a tutti e a ciascuno un BUON TUTTO…
Nel Signore…
don Denis

Continua a leggereBUON TUTTO!

“Sono forse io il custode di mio fratello?”(Gen 4, 9).

Sì, certamente!
Tutto è in relazione e la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri.

Questo e molto altro nel messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace che abbiamo ascoltato nella Prima Domenica di Quaresima, il 21 febbraio scorso, nell’ambito dell’iniziativa “Dialoghi di Pace”.

Qui il link per riascoltare l’incontro:

https://www.dropbox.com/sh/yymdumc37ivw9cf/AAD2t_lmBM1DPdPBpOKKusmda?dl=0

Continua a leggereSiamo tutti custodi

Il 1º settembre di ogni anno Papa Francesco, in coerente logica con l’enciclica “Laudato sì” ha indetto la Giornata per la custodia del creato.

È significativo già riflettere sul nome: non è la giornata della terra, ma la giornata “per la custodia del creato” ed è fondamentale questa parola “custodia”.

Nella Genesi Dio pone l’uomo nel Giardino perché egli possa “coltivare e custodire” e, subito, segue la proibizione di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, pena la morte certa.

È come se il Creatore avesse detto all’uomo: “nel tuo coltivare e custodire, quindi del tuo libero contribuire alla creazione, ricordati che non sei un tutto, ricordati non solo di coltivare, ma anche di custodire, e ciò che si custodisce è sempre e soltanto l’altro, ciò che tu non sei; se non farai così, allora la tua azione sarà niente, sarà la distruzione.”

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Noi abbiamo tanti modi di consolare, da più autentici e vicini, a quelli più formali, come quei telegrammi “Profondamente addolorato…”, che è una finta, non consola nessuno.

Qual è la vera consolazione del Signore?
Egli consola nella vicinanza, nella verità e nella speranza.

Nella vicinanza: mai distanti, “ci sono, sono qui, con te.” Spesso in silenzio; la forza della presenza.

Nella verità: il Signore non ci dice “stai tranquillo, passerà tutto, le cose passano…” ma dice la verità. La dice semplicemente, con mitezza. “È un momento brutto …ma non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in me.”

Nella speranza: “abbiate fede. Vado a prepararvi un posto. Poi verrò di nuovo e vi prenderò con me. Per mano vi porterò dove sono io.”

La consolazione del Signore non è anestesia; è vicina, veritiera e ci apre alla speranza.

(dall’omelia di Papa Francesco, Casa S.Marta, 8 maggio 2020)

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Lo sfondo in cui ci muoviamo lo descrive bene Papa Francesco: “Il coraggio della libertà che oggi è chiesto a tutti è quello di continuare a occupare il proprio posto nel grande disegno della storia, di resistere alle sirene che vorrebbero farci scappare, pensare a noi stessi, fuggire.

Rimangono i medici accanto ai loro pazienti, rimangono gli infermieri, rimangono i responsabili della cosa pubblica, rimangono le persone chiamate a lavorare, rimangono gli insegnanti, rimangono i preti, rimangono tutti coloro che sono chiamati a restare nelle loro case: restare è il gesto più potente che possa compiere l’uomo nella vita.

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