La 1ª lettera del nuovo arcivescovo di Milano Delpini mi colpisce fin dal titolo: “Vieni, ti mostrerò la sposa dell’Agnello” (che è un versetto dal cap. 21 dell’Apocalisse).
Il verbo mi richiama alla memoria il Gesù che nei Vangeli esorta i suoi discepoli: “Venite e vedrete”.
Quando diciamo “vieni” a qualcuno, stiamo facendo un invito.
Una proposta.
E colui che se la sente fare, capisce che c’è da fare un cammino (venire è verbo di movimento); gli è richiesto un lavoro, una prova, una verifica.
Ecco, potrei fermarmi qui, al titolo: esso mi svela già molto della fede in Cristo.
La sposa dell’Agnello è la Chiesa (Gerusalemme nuova), “che vive nella storia”, come scrive nel testo l’arcivescovo e che “può accogliere tutti, perché le sue fondamenta sono solide“.
E più avanti:
“Non si tratta di impresa umana, non di efficienza organizzativa, non di un esercizio di potere, non di un regolamento né di una disciplina, non di una tradizione.” (…)
“Tutto è possibile perché Dio abita nella città.”
(riflessioni da una prima lettura della Lettera Pastorale da parte di una parrocchiana)