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Comunità: ciascuno deve fare la sua parte

Ho appena terminato il saggio di Noreena Hertz, non proprio una lettura da ombrellone, visto il periodo. Dice che viviamo nel secolo della solitudine. Siamo soli, affamati di connessione, fatti dal desiderio d incontrare l’altro, eppure il male sottile della solitudine si è insinuato in noi, permeando ogni aspetto della nostra società. Anche prima della pandemia.

La solitudine di oggi ha radici lontane, dagli anni ‘80 del secolo scorso, come effetto di un capitalismo e di rapporti fra società, politica e individui sempre più distanti. Il mondo digitale ha solo accelerato processi già in atto.

L’uomo, ridotto solo all’aspetto “economicus”, ha perso il senso di comunità.

La situazione richiede piena consapevolezza, sforzo e impegno di tutti, per essere superata.

Perché rinunciare alla diretta relazione personale con l’altro significa rinunciare a una vera e propria cura di sé.

“Non può spezzare il pane insieme se si riceve Deliveroo a casa. Il problema è che la comunità non è qualcosa che si possa comprare né che possa essere imposta dall’alto; è invece qualcosa cui la gente deve dedicare tempo e partecipare proattivamente se si vuole che prosperi. Essere presenti è essenziale.”

Quanto dice il saggio della Hertz anche alle nostre comunità cristiane?