Padre Ibrahim, in un passaggio del suo racconto su Aleppo e su quanto la Chiesa sta facendo, quasi senza sottolinearlo troppo:
“È sempre un Altro che guida la storia, al massimo si serve della mia disponibilità.”
Solo se si comprende questo, è possibile restare in una terra così martoriata, dalla vita resa difficile da tutto, a cominciare dalla mancanza di acqua ed elettricità.
Padre Ibrahim e i suoi confratelli sono là, concreto esempio della Chiesa in uscita di Papa Francesco, non perché eroi, votati al sacrificio.
Sono là, volto della Chiesa che – madre – protegge i suoi figli, perché certi che Dio è con loro. Essi devono (solo!) dire di sì e lasciare che la loro vita sia trasformata, lavorata, dall’incontro con quella gente.
“Abbiamo bisogno di loro, del povero, perché, prima dell’aiuto che possiamo loro dare, esso aiuta noi, ci aiuta a crescere in umanità.”
Ecco la posta in gioco.
Che va oltre lo stile di Francesco e di un carisma che è in quella terra da 800 anni e che li richiama certo a un ‘di piu’ di responsabilità.
Come nella parabola dei talenti, ognuno di noi è talento di Dio per gli altri. L’altro che è compagno, amico, collega, ecc. Possiamo dirci l’un l’altro: sei tu il mio talento! E scommetterci.
Se siamo guardati con amore, diventiamo capaci di amore. Da qui fiorisce la vita.
Padre Ibrahim si è fidato della promessa di Dio e ha sperimentato l’addizione che Lui permette: l’oratorio feriale per i ragazzi, e i numeri che crescono in modo esponenziale; la cura degli sposi, l’attenzione per i fidanzati, l’impegno per la ricostruzione materiale delle case…
(Padre Ibrahim Alsabagh, francescano e parroco della Cattedrale Latina di Aleppo ha tenuto una testimonianza a Saronno, presso Casa di Marta, in via Piave, lunedì 20 novembre 2017)